Il Disturbo Post-traumatico da Stress (DPTS) è un disturbo d’ansia e si sviluppa a seguito di un’esperienza traumatica. L’evento traumatico di solito ha due caratteristiche essenziali:
- è una situazione che ha messo in pericolo la vita della persona, ha provocato la morte di una persona cara o gravi menomazioni/lesioni a sé o agli altri;
- la risposta della persona all’evento è stata di impotenza, paura intensa o terrore (DSM-IV).
Sono esempi di eventi traumatici che possono provocare un DPTS le aggressioni personali, i disastri naturali, le guerre e i combattimenti, i rapimenti, le torture, gli incidenti, le malattie gravi.
I sintomi sono molteplici e vengono divisi in tre gruppi (DSM-IV):
- Esperienze frequenti di rivivere l’evento traumatico che si manifesta con ricordi spiacevoli, ricorrenti e difficili da bloccare (pensieri, immagini mentali e sensazioni fisiche e percettive legate all’evento), incubi legati all’evento. Ancora, la persona può agire o sentire come se l’evento traumatico stesse accadendo di nuovo nel momento presente, quindi sentire rumori, odori che erano presenti al momento del trauma, vedere davanti a sé alcune scene del trauma. La persona ha molta paura e ansia quando avverte delle sensazioni fisiche (tachicardia, sudorazione, ecc.) che ha provato durante il trauma, oppure quando entra in contatto con stimoli associati con il trauma.
- Evitamento di tutte le situazioni e gli stimoli che possono essere associati al trauma. È il tentativo della persona di evitare pensieri, immagini mentali e conversazioni associate al trauma, di evitare tutti i luoghi e le persone che possono ricordare l’evento. Di conseguenza, la persona tende ad isolarsi e a perdere interesse per molte attività un tempo considerate importanti (es.: il lavoro) e a ridurre i contatti con le altre persone che vengono percepite anche come distanti, quasi estranei.
- Tendenza a vivere in uno stato di forte allarme e tensione, come evidente da almeno due dei seguenti sintomi:
- difficoltà ad addormentarsi,
- tendenza a provare rabbia/irritazione,
- tendenza ad allarmarsi facilmente,
- difficoltà a concentrarsi,
- tendenza ad allarmarsi facilmente.
La persona che sviluppa il disturbo percepisce per lungo tempo l’evento traumatico (passato) come una minaccia nel presente. È questo il sintomo cognitivo più evidente che spiegherebbe la presenza di altri sintomi cognitivi come la comparsa di sensazioni o immagini mentali relative all’evento (flashback), la sensazione di rivivere l’esperienza, di essere fisicamente di nuovo in quel momento. Il sentirsi continuamente in uno stato di pericolo incombente o attuale provoca anche le reazioni di ansia e tristezza.
Ma perché alcune persone sviluppano il disturbo ed altre no? Solitamente, le persone dopo un’esperienza traumatica cercano di adattarsi e di accettare l’evento come possibile nell’ambito delle proprie esperienze. Questo processo di assorbimento dell’evento nella propria storia di vita consente alle persone di tornare pian piano ad uno stato di funzionamento pre-trauma.
La persona che sviluppa DPTS, invece, rimarrebbe impegnata nel tentativo fallimentare di dare un senso ed una spiegazione all’evento. Secondo le teorie cognitive, questo accade perché la persona ricorre a pensieri negativi che non le consentono di integrare l’esperienza traumatica nella visione del mondo e di sé precedente al trauma (Andrews et al., 2003).
I pensieri negativi ricorrenti sono relativi all’evento (valutazioni catastrofiche sul trauma e sulle sue conseguenze, l’ipergeneralizzazione del senso di minaccia per cui ogni situazione è potenzialmente pericolosa) e alle proprie reazioni (“non ho respinto con forza l’aggressore per questo non valgo”, oppure sono “debole” oppure “mi sono meritato quello che è successo”).
Secondo McCann e Pearlman (1990), questi pensieri negativi vanno ad intaccare le credenze di base della persona. L’evento traumatico, in particolare, sembra minare nella vittima la credenza di vivere in un mondo sicuro, l’idea di potersi fidare degli altri (es.: in una persona che non ha mai subito traumi, e che magari si fida molto degli altri, un evento traumatico può distruggere la fiducia negli altri), la propria indipendenza, il proprio potere, la stima negli altri e la sicurezza di avere la stima degli altri, l’idea che l’intimità non sia pericolosa.
Infine, la persona che ha sviluppato DPTS tende a evitare i pensieri associati all’evento traumatico e tutte le situazioni ad esso connesse. Evitando di entrare in contatto con le cose temute e le persone, tuttavia, non può provare a mettere in discussione le sue credenze (sul fatto che il mondo sia pericoloso o che non ci si possa fidare degli altri) ed è per questo che gli evitamenti mantengono il problema.
La durata dei sintomi è superiore ad un mese e può anche essere cronica, anche se la loro comparsa può avvenire anche dopo molti mesi dall’evento traumatico.
Se i sintomi durano da 2 giorni a massimo un mese e la persona vive dei gravi sintomi dissociativi (es.: derealizzazione, senso di essere molto lontani dalla realtà circostante), allora si parla di Disturbo Acuto da Stress.
Quando nasce e chi colpisce?
Il Disturbo Post-traumatico da Stress ha una prevalenza nella popolazione del 7,8% (Kessler, Sonnega, Bromet, Hughes, Nelson, 1995) e il suo decorso è molto variabile. Si può manifestare a qualsiasi età, comprensa l’infanzia. Le persone che presentano percentuali altissime di DPTS sono persone sopravvissute a situazioni di conflitto civile, torture, guerre ecc.
Perché nasce?
Molte persone si ritrovano a vivere esperienze traumatiche ma non tutte sviluppano il Disturbo Post-traumatico da Stress (Shalev et al., 1996).
L’evento in sé, quindi, non può essere l’unica causa del disturbo e non può nemmeno predire la sua durata che risulta, invece, piuttosto variabile da persona a persona.
Diversi studi hanno messo in evidenza l’esistenza di alcuni fattori di rischio esterni ed interni.
Fattori di rischio esterni: la durata e la gravità dell’evento traumatico, il tipo di trauma, fattori situazionali al momento del trauma, la qualità del supporto ricevuto dopo l’evento e la presenza di altri traumi subiti.
Fattori di rischio interni: fattori genetici, la familiarità per il disturbo, la personalità, fattori di resilienza (ovvero la capacità di ritornare ad una situazione pre-trauma), traumi pregressi, precedenti problemi comportamentali o psicologici (ansia depressione), alcuni eventi di vita pre – (come le separazioni precoci dai genitori) e, post- trauma.
Si tratta, tuttavia, di fattori che genericamente predispongono il soggetto a psicopatologia; resta, quindi, ancora da definire quali di questi possa essere un fattore di predisposizione specifico per il Il Disturbo Post-traumatico da Stress
Quali conseguenze?
I sintomi del disturbo possono causare conseguenze sul piano relazionale e lavorativo. Infatti, le sensazioni di rivivere le esperienze traumatiche interferiscono con le capacità attentive della persona, e sono accompagnate da forte preoccupazione, inappetenza, disturbi del sonno. Inoltre, il senso di colpa che la persona può provare in conseguenza ad eventi traumatici o il senso di scarso valore personale spesso provocano chiusura interpersonale. Infine, alcune persone possono ricorrere all’uso di alcol e droghe pensando così di poter dimenticare l’evento traumatico.
Studi recenti, condotti nell’ambito della psicologia positiva e del benessere, hanno mostrato come alcune persone a seguito di un evento traumatico possano, parallelamente all’insorgenza del DPTS, riportare anche una crescita postraumatica in diverse aree della loro vita: personale, sociale, cognitivo, in termini di migliore relazioni interpersonali, maggiore apertura mentale, maggiore spiritualità ecc.